Radiazioni nucleari malattie


radiazioni nucleari

Malattie da radiazioni nucleari

L'avvelenamento da radiazione (chiamato anche male da raggi, malattia acuta da radiazione o più propriamente in clinica sindrome da radiazione acuta) designa un insieme di sintomi potenzialmente letali derivanti da un'esposizione dei tessuti biologici di una parte considerevole del corpo umano ad una forte dose di radiazioni ionizzanti.

L'avvelenamento si manifesta generalmente in una fase prodromica non letale nei minuti o ore seguenti l'irradiazione. Questa fase dura da qualche ora a qualche giorno e si manifesta sovente con sintomi, quali diarrea, nausea, vomito, anoressia, eritema. Segue un periodo di latenza, in cui il soggetto appare in buone condizioni. Infine sopraggiunge la fase acuta che si manifesta con una sintomatologia complessa, generalmente con disturbi cutanei, ematopoietici, gastro-intestinali, respiratori e cerebro-vascolari.

Le fonti di radiazione naturali non sono generalmente abbastanza potenti da provocare la sindrome, che è spesso provocata da attività umane, come un incidente nucleare, un'esposizione ad una fonte radioattiva o un'esplosione atomica.

La radiazione alfa presenta un basso potere di penetrazione, quindi non è pericolosa per l'uomo nei casi di irradiazione esterna. Diventa invece pericolosa nelle situazioni in cui la sorgente radioattiva viene inalata o ingerita – irradiazione interna – perché in questo caso può ledere direttamente tessuti radiosensibili, tipico caso è quello del radon in cui appunto l'isotopo radioattivo viene inspirato e quindi può decadere all'interno del corpo umano emettendo radiazione alfa. La radiazione gamma (costituita da fotoni ad elevatissima energia) invece, avendo un potere di penetrazione molto elevato, può risultare pericolosa per gli esseri viventi anche in situazioni di irradiazione esterna. La quantità di radiazione assorbita da un corpo viene chiamata dose assorbita e si misura in gray, altre grandezze importanti da considerare sono la dose equivalente e la dose efficace.

Negli Stati Uniti d'America è stata elaborata la tavola "ALI" (Annual Limit on Intake), o "Limite Annuo nella Dose" che è un limite derivato per la quantità di materiale radioattivo assorbito dal corpo di un lavoratore adulto sia per inalazione che per ingestione in un anno.

ALI è il valore più piccolo ammissibile di ingestione di un determinato radionuclide durante un anno, assunto dall'uomo di riferimento, che provocherebbe un danno equivalente a quello di una dose di irraggiamento unico totale di 5 rem (0,05 Sv) o un danno equivalente all'irraggiamento di un singolo organo con 50 rem (0,5 Sv), per qualsiasi organo o tessuto specifico.

Le dosi-equivalenti attualmente sono specificate in sievert (Sv), e un sievert è pari a 100 rem:

da 0,001 a 0,01 Sv (da 0,1 a 1 rem)

Si calcola che fisiologicamente il corpo è esposto a 0,1 millirem in 24 ore (pari a circa 0,036 rem in un anno): una parte di questa è ineliminabile, poiché viene emanata per esempio dall'isotopo radioattivo del potassio naturale (K40), presente all'interno di ogni cellula umana, irradiando quotidianamente tutto il corpo dall'interno.

Volendo eliminare tutto il potassio, radioattivo e non, si provocherebbe morte per edema congestizio, ipertensione arteriosa e debolezza muscolare, oltre a insufficienza cardiaca.

Il principale elemento radioattivo estraneo all'organismo, che si trova nell'ambiente, specialmente in aree con qualche tipo di vulcanismo oppure faglie sismiche è il gas radon. Questo gas, prodotto del decadimento del Radio, è più pesante dell'aria e si accumula nelle parti più declivi delle valli, specialmente in sotterranei e primi piani non ben ventilati. Esistono in commercio dispositivi in grado di rilevare il gas radon.

Specialmente nelle aree con rocce granitiche o basaltiche, che hanno subito un intenso metamorfismo all'interno della crosta terrestre, un contributo alla dose annuale è fornito dagli isotopi radioattivi quali il torio, l'uranio e il radio. Questo contributo varia da luogo a luogo e dipende dalla tipologia di minerali presenti nel suolo circostante o nei materiali da costruzione utilizzati (come il tufo).

Ogni ora di volo in aerei di linea, alla quota usuale di 10.000 m, sottopone l'organismo a irradiazione di raggi cosmici gamma di valore variabile in funzione anche delle tempeste solari e con valori compresi tra radiazioni da 0,1 a 1 millirem/h (massime nel Concorde che volava a 20.000 m), e dunque 10 ore di volo intercontinentale possono dare dosi complessive superiori a 1 millirem, e in 100 vol/anno si possono totalizzare anche 0,300 rem/anno o più .

La dose è frazionata, e dunque dovrebbe indurre meno rotture cromosomiche e meno stress da radicali liberi dell'ossigeno.

da 0,05 a 0,2 Sv (da 5 a 20 rem)

Nessun sintomo. Alcuni ricercatori sostengono che piccole dosi di radiazioni possano essere benefiche. Negli Stati Uniti esiste un limite federale annuo di 50 mSv, che è stato specificato per i lavoratori esposti a sostanze e procedure radioattive. Nel Regno Unito il limite annuo per un lavoratore classificato come "operatore con radiazione" è di 20 mSv. In Canada e in Brasile, il limite annuo massimo è di 50 mSv (5.000 millirem), ma la dose massima che si può assumere in 5 anni è pari a soli 100 mSv. Di solito i limiti specificati dalle compagnie private sono molto più stretti, in modo da evitare qualsiasi violazione casuale dei limiti federali.

da 0,2 a 0,5 Sv (da 20 a 50 rem)

Nessun sintomo apparente. Il numero dei globuli bianchi diminuisce temporaneamente.

da 0,5 a 1 Sv (da 50 a 100 rem)

Malattia da raggi lieve con cefalea e un lieve aumento del rischio di infezione causata da alterazioni al sistema immunitario. Possibile la sterilità maschile temporanea.

da 1 a 2 Sv (da 100 a 200 rem)

L'avvelenamento radioattivo lieve", comporta un 10% di mortalità dopo 30 giorni (LD 10/30). I sintomi tipici includono nausea da lieve a moderata (con un 50% di probabilità a 2 Sv), con vomito occasionale, che comincia da 3 a 6 ore dopo l'irraggiamento e permane per circa un giorno. Questo episodio è seguito da una fase latente che dura da 10 a 14 giorni, quando appaiono sintomi lievi di astenia e malessere generale (con un 50% di probabilità ai 2 Sv). Il sistema immunitario va incontro a depressione, cosa che provoca un periodo di convalescenza esteso per molte infezioni comuni e un aumento del rischio di infezione opportunistica. Nel sesso maschile è comune la sterilità temporanea. L'aborto spontaneo oppure l'aumento di incidenza del parto prematuro si verifica comunemente nelle donne incinte.

da 2 a 3 Sv (da 200 a 300 rem)

L'avvelenamento radioattivo moderato" comporta una mortalità del 35% dopo 30 giorni (LD 35/30). La nausea continua è comune (nel 100% dei pazienti a 3 Sv), con un rischio del 50% di vomito continuo a 2,8 Sv. I sintomi cominciano da 1 a 6 ore dopo l'irraggiamento e durano da 1 a 2 giorni. Dopo di questo, esiste una fase latente che dura da 7 a 14 giorni, che termina con la comparsa dei seguenti sintomi: perdita di capelli e peli su tutto il corpo (con il 50% di probabilità a 3 Sv), stanchezza e malessere generale. Si verifica una perdita massiccia di globuli bianchi, che aumenta molto il rischio di infezione (paragonabile alla fase più grave dell'AIDS). Esiste la possibilità di sterilità permanente nel sesso femminile. La convalescenza, per una possibile ed eventuale guarigione necessita di alcuni mesi.

da 3 a 4 Sv (da 300 a 400 rem)

L'avvelenamento radioattivo grave", implica un 50% di mortalità dopo 30 giorni (LD 50/30). Presenta sintomi minori (come la perdita di capelli e peli) simili a quelli della dose da 2 a 3 Sievert, ma a questi si aggiungono un'emorragia incontrollabile dalla bocca, emorragie sottocutanee (petecchia) ed emorragie renali (con un 50% di probabilità a 4 Sv), dopo la breve fase latente. Anatoly Dyatlov ricevette una dose di 390 rem durante il disastro di Cernobyl del 1986. Morì per collasso cardiaco nel 1995, nove anni dopo l'incidente. È possibile che le massicce dosi di radiazioni abbiano compromesso la sua salute.

da 4 a 6 Sv (da 400 a 600 rem)

L'avvelenamento acuto da radiazioni", comporta un 60% di mortalità dopo 30 giorni (LD 60/30). La mortalità passa dal 60% a 4,5 Sv fino a 90% a 6 Sv ,a meno che al paziente si applichi una terapia medica intensiva, gli intensi sintomi cominciano da circa un'ora a due ore dopo l'irradiazione e durano fino a 2 giorni. Dopo questo, esiste una fase latente che dura da 7 a 14 giorni, dopo di che appaiono sintomi simili a quelli dell'irraggiamento di 3–4 Sv, con un'aumentata intensità. La sterilità femminile definitiva è molto comune a questo punto. La convalescenza necessita da alcuni mesi fino ad un anno. La principale causa di morte, in genere da 2 a 12 settimane dopo l'irradiazione, sono le infezioni e l'emorragia interna.

Harry K. Daghlian, un fisico nucleare armeno-americano di 24 anni, venne irradiato con 510 rem (5,1 Sv) di radiazione il 21 agosto 1945, durante un esperimento di massa critica. All'epoca lavorava nel Los Alamos National Laboratory del Nuovo Messico. L'irradiazione provocò la morte dello scienziato 28 giorni dopo.

da 6 a 10 Sv (da 600 a 1.000 rem)

L'avvelenamento acuto di radiazioni", comporta un 100% di mortalità dopo 14 giorni (LD 100/14). La sopravvivenza dipende dalla terapia intensiva medica. Il midollo osseo viene totalmente distrutto, dunque per garantire una discreta chance di vita è indispensabile il trapianto del midollo osseo. I tessuti gastrici e intestinali risultano gravemente danneggiati. I sintomi cominciano da 15 a 30 minuti dopo l'irradiazione e durano fino a 2 giorni, in seguito si ha una fase latente che dura da 5 a 10 giorni, dopo di che la persona muore per infezione o emorragia interna, nei pochi casi che recuperano, la guarigione necessita di parecchi anni e probabilmente non sarà mai completa.

L'agricoltore brasiliano Devair Alves Ferreira ricevette una dose di circa 7,0 Sv (700 rem) (da una sorgente radioterapica di raggi gamma da Cesio-137, abbandonata in una discarica), durante l'incidente di Goiânia, ma riuscì a sopravvivere, forse in parte perché la dose era frazionata.

da 10 a 50 Sv (da 1.000 a 5.000 rem)

L'avvelenamento acuto radioattivo", comporta un 100% di mortalità dopo 7 giorni (LD 100/7). Un'esposizione così alta porta alla comparsa di sintomi spontanei in un tempo che va da 5 a 30 min. Dopo un'intensa spossatezza e la comparsa di nausea immediata causata dall'attivazione diretta di recettori chimici presenti nel cervello, provocata da radicali liberi, metaboliti e proteine abnormi generati dall'irradiazione, si ha un periodo di alcuni giorni di relativo benessere, chiamato fase latente o fase del fantasma che cammina. Dopo questa settimana, si ha una massiccia morte di cellule nel tessuto gastrico e intestinale, causando diarrea massiva, sanguinamento intestinale e perdita di acqua, che porta allo squilibrio idro-elettrolitico. La morte avviene dopo qualche ora di delirio e coma a causa della cattiva circolazione. Nella stragrande maggioranza dei casi la morte è inevitabile; l'unico trattamento che si può offrire è quello della gestione del dolore. Louis Slotin rimase esposto a circa 21 Sv in un incidente critico il 21 maggio del 1946, e morì nove giorni dopo, il 30 maggio.

Durante l'esplosione di una bomba atomica diventa improbabile sopravvivere ricevendo una dose superiore ai 5000 rem (50 Sv): i pazienti esposti a dosi superiori di solito muoiono in poche ore o giorni per gli effetti immediati delle ustioni alla pelle prodotte dalle radiazioni nell'ambito dell'infrarosso e della luce visibile, oppure per le contusioni, fratture ed emorragie interne ed esterne prodotte dallo spostamento di detriti e di aria causati dall'esplosione.

più di 50 Sv (>5.000 rem)

Un episodio del programma via satellite Miti da sfatare (di Discovery Channel) espose alcune specie di insetti a raggi gamma (la sorgente era l'isotopo cobalto-60) in un laboratorio del Pacific Northwest National Laboratory. A 10.000 rad, circa il 70% degli scarafaggi erano morti prima di 30 giorni, e il 30% sopravvisse. A 100.000 rad, tutti gli scarafaggi morirono istantaneamente e il 90% dei coleotteri della farina erano morti dopo 30 giorni, lasciando soltanto il 10% di insetti superstiti.


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