Pannelli fotovoltaici alle proteine
Una nuova ricerca del fotovoltaico inerente una proteina contenuta negli spinaci, sta mettendo in luce i poteri della natura, infatti sempre più gli scienziati cercano di copiare madre terra per ottenere maggiori risultati a basso impatto.
Nonostante ciò che conosciamo riguardo alle celle solari sembra che dei ricercatori della Velderbilt University abbiano studiato un nuovo sistema per combinare una proteina contenuta negli spinaci, e usarla per la fotosintesi al silicio, materiale che costituisce i pannelli fotovoltaici, ottenendo risultati molto incoraggianti poiché facendo ciò hanno ottenuto maggiore corrente elettrica di quanta sia mai stata supportata dalle celle solari ibride.
Quello descritto nello studio su Advanced Materials non è il primo modulo fotovoltaico ad essere costruito con questa proteina complessa, detta Ps1 o Photosystem 1, capace di convertire la luce in energia elettrochimica, infatti la scoperta che la molecola continuasse a funzionare anche se estratta dalla pianta, e con un’efficienza incredibile, pari quasi al 100%, a differenza degli strumenti artificiali che arrivano a meno del 40% , è stata fatta più di 40 anni fa, e da tempo si tenta di sfruttarla per creare celle solari ibride.
Nonostante i risultati ottenuti rimangono ancora molti problemi tecnici da risolvere, anche se i ricercatori occupati nel progetto, nel corso degli anni, hanno dimostrato che l'uso di quella molecola sia effettivamente fattibile ai fini produttivi, anche se il quantitativo di energia prodotta dalle celle solari ibride risulta essere di molto inferiore a quello delle normali celle al silicio comuni già in vendita, ma per risolvere il problema presentatosi, i ricercatori hanno pensato di creare degli strati di silicio di qualche micrometro, corrispondente a un batterio che si adatassero adeguatamente per accogliere la molecola estratta dagli spinaci.
La procedura per ottenere l'estrazione della sostanza in esame è abbastanza semplice poiché si tratta di creare una soluzione acquosa versandola su una base di silicio modificato adeguatamente, aggiungendovi degli atomi carichi positivamente, e poi lasciarla evaporare per fare in maniera che le proteine si depositino in modo casuale sulla superficie del dispositivo. A quanto pare sarebbe proprio la tipologia di preparazione aggiuntiva del silicio usato per i pannelli ad aumentare la quantità di energia che i sistemi usati producono, infatti la proteina esposta alla luce assorbirebbe dei fotoni che verrebbero liberati dagli elettroni sulla superficie generando uno spostamento di carica, cosa che non sucede se non si usa il silicio addizionato come descritto precedentemente poiché la corrente elettrica si sposterebbe in maniera casuale a seconda dell'orientamento delle proteine, generando così dei flussi elettrici che si possono anche annullare reciprocamente.
Stando a quanto riportato dagli scienziati statunitensi, la combinazione di Ps1 e silicio porta a produrre quasi un milliampere (850 microA) di corrente per centimetro quadrato, a una tensione di 0,3 volt, un risultato ancora lontano da quello delle normali celle solari (le celle Enel, ad esempio, raggiungono valori di 30/35mA a una tensione di 0,5V), ma che è quasi due volte e mezzo maggiore rispetto alle migliori cellule ibride finora costruite. Ora gli ingegneri stanno lavorando alla produzione di un prototipo funzionante di cella solare ibrida basata proprio sul modello descritto.